giovedì 6 gennaio 2011

LA CONDIZIONE DELLA DONNA

Nel 1966 venne pubblicato in Gran Bretagna il testo "La condizione della donna" di Julet Mitchell; questo libro, tradotto poi in italiano e  pubblicato da  Einaudi nel 1972 ebbe grande influenza sui movimenti femministi italiani.
 " [...] In tutte le società dove sono sorti movimenti di liberazione femminile si riscontrano analoghe condizioni per le donne e analoghe discriminazioni contro di loro. La somiglianza fra le varie posizioni femminili è importante per lo sviluppo del movimento in questi paesi e spesso anzi ne costituisce il presupposto. Si tratta sempre infatti di paesi industriali giacché nelle zone rurali e agricole il Movimento di Liberazione non si è sviluppato: in Italia, per esempio, è presente soprattutto nelle città del Nord. […]
Tutti i paesi in cui operano gruppi del Women’s liberation Movement sono caratterizzati dalle medesime aree di discriminazione che viene esercitata anche pressappoco allo stesso livello. Dappertutto le donne costituiscono poco più di un terzo della forza lavoro (la cifra americana del 42% è la punta più alta). I loro salari (comunque la loro massima percentuale è impiegata in lavori non qualificati) vanno da circa la metà a circa tre quarti di quelli maschili equivalenti. […]
Le ragazze formano da meno di un quarto a più di un terzo del corpo studentesco universitario. […] Anche se hanno quasi sempre la possibilità di finire le scuole altrettanto ben qualificate dei ragazzi, le loro opportunità di istruzione superiore, di tirocinio professionale (apprendistato) e di studio a metà tempo (riduzione dell’orario di lavoro) sono di circa la metà rispetto a quelle maschili. Non dimentichiamo che in quasi tutti questi paesi da circa un secolo a questa parte è conclamata una politica di parità e di facilitazioni educative per tutti.
La discriminazione legale si maschera da legislazione “protettiva”. Tutti i paesi operano qualche proibizione legale sul tipo, l’orario e il luogo di lavoro di donne e minori che in apparenza salvaguarda gli interessi delle donne sposate esigendo che esse siano mantenute durante e dopo il matrimonio. Ma di solito i loro guadagni sono considerati una parte delle entrate del marito al quale, nella sua qualità teorica di capofamiglia, è affidata anche la custodia legale dei figli. Tutte queste leggi sono una conseguenza della presupposta dipendenza della donna dall’uomo e in effetti valgono a crearla e a rafforzarla. […]"
da Juliet Mitchell, La condizione della donna, Einaudi, 1972

Nessun commento:

Posta un commento